Come va il rinnovamento, mi chiedono a volte. Va, va bene, va lento, va a momenti, va alla grande. Non c’è una risposta esatta e costante, segue il flusso dei miei sbalzi d’umore, degli entusiasmi e degli incoraggiamenti (da me e per me). Devo dire però che la carica non mi molla e che nonostante questa primavera drammaticamente buia e fredda, vedo la luce (era cominciato tutto qui). Riallacciandomi a una riflessione che ho fatto grazie a Valeria Zangrandi (se non la conoscete, conoscetela), penso che sia una questione di tempo. Valeria nella sua ultima newsletter si sofferma sul concetto del “tardi in base a cosa?”. E infatti. Io spesso soffro di questa sindrome, dell’ansia del non fare, del rimanere indietro, dell’essere in ritardo con la mia vita, ma sempre più spesso ultimamente, da quando ho cominciato consapevolmente a dare molta più importanza al mio tempo, mi sono resa conto che no, non ci sono ritardi, che il tempo è spontaneo e fisiologico e va rispettato, non trattato male.
Poco dopo aver compiuto trent’anni ha iniziato a venirmi l’ansia del ritardo, per tanti motivi. Uno era il non aver “rispettato” le aspettative di quando ero bambina, di quando il tempo era dilatato all’inverosimile e il “diventare grandi” era un concetto lontano e misterioso. Se a sette anni pensavo che a trenta sarei stata una manager di successo con marito, figli e cane, beh, mi sbagliavo. Non posso di certo sentirmi in colpa o farmi venire l’ansia per questo. Adesso i miei sogni sono più delineati, stanno prendendo forma un po’ alla volta e non ho fretta di realizzarli. Sono in smania, sì, ma voglio che abbiano il tempo giusto per svilupparsi, crescere e sbocciare. Sono in ritardo per dare una forma alla mia vita? Ecco, direi proprio di no. Quindi l’ansia che ha iniziato a sgomitare nella mia pancia poco più di un anno fa mi ha in realtà portata verso la direzione giusta e adesso sono più serena. Sono più organizzata perché il tempo è davvero prezioso e se è sbagliato pensare di essere in ritardo è altrettanto sbagliato buttare via il tempo, sprecare occasioni meravigliose per dedicarsi a noi, alla nostra crescita, al nostro stare bene. Non si deve essere sempre produttivi. Ho fatto fatica ad assimilarlo. Essendo stata a lungo senza lavoro, la mia ossessione era trovarne uno e il fatto di essere a casa mi faceva sentire tremendamente in colpa. Allora passavo le giornate su linkedin, oppure sui portali di ricerca lavoro, oppure a spedire il curriculum a destra e a manca rigorosamente in pigiama. Così facendo mi sentivo meno in colpa, ma per me non facevo niente di niente, anzi, mi ero messa quasi “in punizione”. Invece no, era tutto sbagliato! Credo che sia un po’ come per le relazioni, che se non stai bene tu allora non troverai mai la persona giusta; ecco, io penso che per il lavoro, o comunque per l’attitudine che ci vuole per lavorare, sia più o meno la stessa cosa. Questo non vuol dire che è vietato essere tristi o sconfortati o poco motivati, ma che anzi, il tempo va sfruttato proprio per rimettersi nella propria dimensione, facendo cose per noi, prima di tutto. Per sentirci bene, stimolare la creatività e la voglia di fare. Se ripenso al periodo che ho passato barricata in casa tristarella in tuta a mandare cv mi arrabbio terribilmente. Ma ormai cosa posso farci? Un bel niente, solo proseguire con il mio “rinnovamento” nell’unico modo per me plausibile: facendo.
(E a proposito di essere a caccia del lavoro giusto, vi consiglio questo post della coach Francesca Zampone)
Cose piccoline quotidiane che mi aiutano a sentirmi bene.
- Io dormo un casino, mi piace addormentarmi presto e svegliarmi tendenzialmente presto, ma se pure è un po’ più tardi del previsto, chissenefrega;
- Alzarmi presto. Tra le sette e le otto di solito. Inizio a lavorare verso le dieci e svegliarmi presto mi permette di prendermi un sacco di tempo per me, fare colazione con calma, fare stretching, leggere, guardare il telegiornale. Sono abitudini pressoché sacre;
- Se cucino, vuol dire che sto bene. Poche cose sono rilassanti per me come mettermi a cucinare con della bella musica in sottofondo;
- Scrivere il diario. Ho fatto fatica a ricominciare, avevo smesso per un lunghissimo periodo, per pigrizia più che altro. Invece anche questa abitudine riconquistata mi permette di sfogarmi, resettare il cervello e dare una forma a pensieri ed emozioni, che così inevitabilmente si liberano;
- Bere un bicchiere di vino (rosso!) sul divano o sul balcone quando torno da lavoro. Preferibilmente da sola. Mi rimette al mondo.
Illustrazione bellissima di Sato Kanae