Parma
Amo tanto la mia città, anche se non sempre andiamo d’accordo. A volte la odio, perché è piccola e provinciale, me la prendo con lei perché l’accuso di avermi tarpato le ali, oppure mi arrabbio quando la vedo cambiare troppo. Ma la verità è che è talmente bella per me, che non riesco a odiarla veramente. Amo guardare dalla finestra i colori del cielo che sfumano sul campanile del Duomo, passeggiare per i borghi del centro, osservare case e palazzi e sorprendermi ancora, certe volte, davanti a scorci che non conosco. Il lungoparma è commovente, soprattutto in primavera, soprattutto in estate, soprattutto in autunno e soprattutto in inverno. Ad ogni stagione mi meraviglia. Avevo la fortuna di lavorare proprio davanti a una finestra enorme sul lungoparma. E quei tramonti, violenti, cangianti, a volte esagerati, non si dimenticano. Lo cammino, da un ponte all’altro, guardo il greto del torrente che cambia sfumature, mi incanto a scrutare le casette affacciate sull’acqua, mi immagino le vite lì dentro. Vite di zanzare (presumo) e suoni bagnati. Via Mazzini, che coi suoi negozi e portici la ritrovo più o meno in tutte le città. A volte cammino, cammino, non lo so nemmeno io dove voglio andare, ma per pensare o per sgranchirmi, o con qualche acquisto inutile o caffè come pretesto, semplicemente, cammino. Tutte le città sono belle da camminare, ma la mia, è la mia. Ed ogni scusa è buona per scoprirne degli aspetti che, inspiegabilmente, mi stupiscono ancora. Dipende da come la guardo, dipende se apro bene gli occhi, se mi predispongo a una specie di ingenuità senza preconcetti; non proprio come se fossi un turista, ma quasi. Parma è anche noiosa certe volte, è viziata e ripetitiva. Ha quei luoghi deputati ad abitudini precise, che conosco a memoria e che comunque osservo sorridendo. A volte, anzi, spesso, li assecondo ed è rilassante semplicemente stare, accettare, fare la parmigiana senza criticare me e gli altri per questa monotonia che in fondo, in realtà, è una culla, un rassicurante modo di vivere piccolo. Dove si pedala, si saluta questo e quello per strada, si spettegola in piedi davanti a un bicchiere di vino in via Farini. È il vivere piccolo, lo chiamo così. Il mio, per lo meno, tascabile, quello a cui sono abituata e con cui litigo ostinatamente ma verso cui altrettanto ostinatamente ritorno. Fatto di castagne che cadono sullo Stradone e di ciliegi (ciliegi? Non lo so, a me li sembrano da sempre) incredibilmente rosa in via Cima Palone – la rima non era voluta, però a volte Parma è anche una poesia – che ritmicamente si alternano e aspetto quei momenti dell’anno che durano pochi giorni per ritornare bambina in quei posti che sono sicurezze inscalfibili. C’era un gatto bianco affacciato a una finestra in un borgo, che si lasciava accarezzare. C’era un cane che abbaiava a tutti, insieme a un altro cane che invece si faceva coccolare da tutti. La chiromante, che se la incrociavi non dovevi pensare a niente e a nessuno, l’orafo che da decenni se ne sta sorridente ad accogliere i clienti davanti al negozio, qualche matto che colora le strade con stranezze che conosci poi un po’ a memoria. Borghi così piccoli che non finiscono da nessuna parte e altri che sono impregnati di storie vecchissime, più o meno dimenticate. La porta passante, la dogana, le lotte e gli ideali. Io per tutto questo non potrò mai odiarla davvero, anche se cambia e mi sembra in peggio, anche se non vorrei vederla diversa, perché non credo che cambierà mai davvero, conserverà sempre – spero e credo e mi immagino -la sua aria da nobile un po’ ammaccata e impolverata, di giovinezza perduta ma ancora abbagliante, di rincorsa perenne che non prevede mai un volo. La vedo così, e ogni volta che apro le finestre e dai borghi sale la musica e invade lo spazio, allora ecco, mi sento in un film e mi passa la rabbia, mi passa tutto, resta la tenerezza e il bene che voglio a queste piccole, noiose, scontate abitudini di provincia.
Sono una parmigiana che vive a Reggio Emilia per amore e lavora a Bologna per necessità e caso. Leggendoti mi sono ricordata che meraviglia il centro di Parma il sabato mattina e le colazioni da Ori, la focaccia del panificio Rosetta e le biciclette parcheggiate ovunque. Sarà casa. Sempre
Il sabato mattina <3
che bella la nostra città!