Di questo libro vorrei dire tanto. Anzi. Vorrei riuscire a tradurre in modo comprensibile e sensato l’entusiasmo che suscita in me. Il coraggio che infonde, lo spintone che dà.
Prima di leggere Solo bagaglio a mano conoscevo e apprezzavo Gabriele Romagnoli come giornalista, amavo il suo stile ed ero intrigata dal suo essere un grande viaggiatore. L’anno scorso ho viaggiato molto, viaggi piccolini, ma pur sempre spostamenti e quindi, inevitabilmente, trasformazioni forse impercettibili, fame di vivere, in sostanza. Così ho preso questo libro e l’ho letto tutto d’un fiato. Intanto perché è oggettivamente breve, 89 pagine molto rapide anche se dense e ricche di sostanza tanto importante.
Mi è capitato tra le mani in un momento in cui sentivo veramente la vita esplodermi addosso, in cui avevo fisicamente il bisogno di muovermi, di essere leggera, libera, viva. Non poteva andarmi meglio, non potevo incappare in una lettura migliore di questa dove ogni pagina è un invito a essere. E quindi a essere felici.
“Nel bagaglio a mano due o più vite non ci stanno, c’è spazio per una soltanto, quella che hai. Trasportare il peso di quelle che non sono state o non saranno non si può, né si dovrebbe”.
La felicità va per sottrazione, si concentra nell’essenziale, nell’indispensabile che riusciamo a portare in un bagaglio a mano. Dice: “il bagaglio a mano rivela il superfluo. Se torni e ce l’hai fatta con quel numero di capi, fogge e colori, significa che non hai davvero bisogno di quanto, nel tuo guardaroba, esorbita. Di quanto, nella tua vita, esorbita”. La libertà sta nella scelta, nella consapevolezza di chi e cosa vogliamo portarci dietro (o addosso) in questa unica vita che percorriamo veloci. Quanti fardelli ci trasciniamo per pietà, per abitudine, per pigrizia? Quanti addii rimandiamo quotidianamente perché la perdita, il limite, ci spaventano? Restii come siamo ad accettare il cambiamento, ci neghiamo una serie infinita di forme di felicità ancorandoci a vite immaginarie, che non sono sogni ma speranze vane, pensieri di riserva a cui appellarci quando la realtà non ci soddisfa abbastanza. Ma quello che conta veramente, è che il cambiamento, per quanta paura faccia, è in realtà un regalo. È la possibilità. “Conta soltanto quel che ancora può essere”.
Appesantiamo le nostre vite con oggetti. Oggetti che ricordano persone, senza riportarle in vita o al nostro fianco, eppure, funziona davvero? La memoria non basta? Non ricordiamo tutto, in assoluto. Avere una memoria prodigiosa può essere una grande qualità ma anche una condanna: il lusso del ricordo sta proprio nel suo essere conciso ed essenziale. Ci ricordiamo ciò che, per noi, intimamente e inconsciamente, vale la pena. Portiamo con noi solo i ricordi indispensabili. Quella lì è la vita che abbiamo vissuto, quella dei nostri ricordi e delle nostre emozioni. Ma quel che conta, è quel che ancora può essere: il presente. Non il futuro, con la sua vaghezza, le sue indecisioni. Non il passato con la sua polvere. Ma il presente, il qui e ora. La scelta che facciamo ogni giorno.
“Io amo le persone e le città che mostrano i segni, le cicatrici, le protesi, quelle passate attraverso il fuoco purificatore della storia e scottate dall’esperienza, che abbiano imparato qualcosa oppure no. Stanno lì, nuovamente in piedi, per insegnare qualcosa a noi. Che cosa? Che è possibile perdere, anche tutto, e continuare”.
Non so riassumere questo libro, non penso vada riassunto. Non c’è una trama, un percorso da seguire. Per me si tratta di una serie di sussulti. È come una chiacchierata sorprendente. Mi sembra di essere stata seduta davanti a un bicchiere di vino e aver ascoltato le riflessioni vere e profonde di una persona saggia, dette in modo informale, diretto, efficace. Leggero, ecco, per stare in tema. Di quella leggerezza spiazzante che ti dà la consapevolezza e accende la miccia del pensiero.
Sono convinta che ogni libro abbia il giusto momento per essere letto, purtroppo non lo possiamo sapere a priori quindi, se capita, ci possiamo ritenere molto fortunati. A me in questo caso è successo e spesso mi ritrovo a pensare alle pagine di Romagnoli e a sorridere perché è come se mi appartenessero; dopodiché ho regalato e consigliato Solo bagaglio a mano a tanti amici e adesso mi chiedo quanti, davvero, lo abbiano introiettato, fatto loro. A quanti ha urlato in faccia tutta la verità che ha scaraventato addosso a me. Sto usando parole violente, sbagliando, ma fino a un certo punto. Questo libro è tutto tranne che violento, ma la consapevolezza, certe volte –anzi, spesso – è impetuosa e prepotente. Fa un po’ male. Ma ci vogliono coraggio e destrezza, è necessaria l’abilità della leggerezza, del sorriso. Della possibilità, in sostanza, che non sta nell’accontentarsi, ma nel rendersi conto e, a quel punto, abbandonarsi a esistere sarà meraviglioso. Il bagaglio a mano del nostro vivere si compone ogni giorno e si riduce all’essenziale.
Questo, davvero, per me è un invito alla rivoluzione.