Devo dire che non sono mai stata una persona abitudinaria. Anzi. Sono sempre stata piuttosto incostante, animata da grandi passioni momentanee, da forti emozioni passeggere. Ho vissuto di fuochi di paglia e di memorabili amori alternati. L’anno scorso però, un anno per me di grande cambiamento, mi sono data una regolata anche in questo senso. Ed è partito tutto senza che me ne accorgessi, da un’abitudine talmente piccola che subito non mi sono nemmeno accorta che avesse avuto un’eco su praticamente tutto il resto.
Quando mi sono ritrovata immersa in mille emozioni contrastanti, non riuscivo più a contenerle, gli impulsi erano troppi e non avevo un contenitore adatto in cui ordinarli. L’aspetto negativo di tutta questa passione è che ero così confusa da non riuscire a produrre niente di sensato, la mia creatività era sparita, probabilmente affogata o moribonda in balia della mia tempesta interiore. Un dramma, per me che scrivo.
Allora ho ricominciato a tenere il diario. Non ne ero troppo convinta inizialmente, ho fatto fatica. Mi sembrava di essere tornata indietro nel tempo, quando ragazzina compilavo pagine e pagine di segreti. Ricominciare a 31 anni mi sembrava strano, ecco. So che in tanti scrivono il diario e, prima di ricominciare, pensavo Cavolo, quanti pensieri, quante cose da dire con tutta questa costanza. Poi, ho capito. Per me è stato fondamentale per riprendere in mano la mia vita. Sembrerà esagerato, ma è proprio così. Mi sono messa a scrivere tutti i giorni, ogni mattina qualche pagina, facendo colazione. Preferisco scrivere al mattino perchè ho ancora il cervello leggero e le emozioni non sono ancora state contaminate dai vari umori della giornata.
Ho iniziato a portare il diario in giro con me nei viaggi e a cercare in ogni situazione il momento giusto per poter affidare alla penna i miei pensieri. Da lì ho ricominciato a scrivere, in generale. Ho ripreso in mano il mio potenziale e sono diventata ben conscia di quello che so fare. Mi è sembrata una conquista enorme, quasi miracolosa.
Certo, non ho sempre voglia di scrivere. Ci son giorni in cui fisso il diario e non ho niente da dirgli, altri che inizio a scrivere qualche riga poi mi fermo, è tutto molto variabile e, per quel che mi riguarda, va benissimo così.
“It is like whispering to one’s self and listening at the same time”
B.Stoker
Ho letto poi La via dell’artista, di Julia Cameron (ne parlavo qui), un manuale molto utile per chi vuole ritrovare la creatività. Anche lei come “cura” consiglia proprio di tenere il proprio diario nella forma di morning pages: tre pagine da scrivere di getto appena svegli, senza pensare a niente, senza aver fatto ancora nulla se non aprire gli occhi. Ho provato, ma per me è un sistema troppo rigido e rigoroso, dopotutto penso che il diario sia una parentesi intima e che quindi ci si debba sentire a proprio agio al 100% con ciò che si sta facendo. La mia dimensione è mentre faccio colazione, bevendo una tazza di tè verde in casa da sola. D’estate, sul terrazzino.
Mi sono resa conto degli enormi benefici che porta scrivere il proprio diario, a partire dall’autoaccettazione, dal poter mettere in chiaro i propri obiettivi, sogni e aspirazioni una volta per tutte, nero su bianco senza il giudizio di nessuno. La cosa bella è proprio questa, che nessuno lo leggerà, quindi non c’è bisogno di mentire o di giustificarsi. Lo trovo estremamente liberatorio. Un meritato sospiro di sollievo per mandare a quel paese tutti i giudizi che temiamo ogni giorno. Scrivere in questo modo richiama la spontaneità e l’impulso porterà a galla ciò che più abbiamo a cuore, ciò che conta davvero. Anche di questo mi sono resa conto, così come del fatto che ok, forse scrivere non aiuta a trovare una soluzione oggettiva ai problemi, ma è un ponte tra mente e azione e aiuta a riflettere intimamente.
C’è chi scrive il diario della rabbia, per sfogare le emozioni negative e dare loro un contenitore; chi invece lo usa per sfogare le ansie, evitando così di portarsele sulle spalle tutto il tempo. Altri preferiscono usare il diario per elencare ogni giorno le piccole gioie in cui si sono imbattuti per poi rileggerle nei momenti grigi e tornare a sorridere. Chi tiene il diario della gratitudine. È meraviglioso perché ogni diario è un mondo a sè, un custode affidabile.
“But what is more to the point is my belief that the habit of writing thus for my own eye only is good practice. It loosens the ligaments.”
V.Woolf
Ciò di cui mi sono accorta è che per arrivare ad avere veramente una costanza senza vivere con frustrazione la scrittura quotidiana, sì, un po’ di rigore è necessario. Io scrivo su quaderni sempre dello stesso tipo e preferisco usare una penna sempre dello stesso colore. Avevo iniziato con una tratto pen grigia, ma poi il tratto era troppo spesso e la punta faceva attrito sulla carta, mi rallentava, invece è giusto che la scrittura sia un flusso continuo, che i pensieri si insinuino nel braccio, quindi nella mano, nella biro, sul foglio. Sembra una paranoia da maniaca, in realtà è davvero così. Provate, poi mi direte. Adesso uso una penna a sfera nera e i miei quaderni sono di Tiger, a righe con la copertina rigida. Misura standard da quaderno, così riesco a portarmelo in giro senza problemi e se mi va, quando mi va, scrivo. Non sono una da disegni, schizzi e immagini appiccicate qua e là, anzi, devo dire che vado anche piuttosto fiera del mio quaderno monotono. Però ci sono diari stupendi, delle vere opere d’arte. Poi, certo, chi sono io per parlare dell’arte del diario segreto, quando sappiamo tutti che dai secoli dei secoli scienziati, artisti, letterati e luminari hanno sempre inciso i loro pensieri sulla carta e che questi diari sono poi diventati famosi, testimoni di grandi invenzioni o addirittura libri veri e propri.
Però, per quel poco, posso dire che ne vale la pena, che è un esercizio per volersi bene e accettarsi, per rifugiarsi quando abbiamo paura ma anche no, anche solo per ricavarsi uno spazio di calma in tutta la frenesia costante, per allenare la mente, la memoria, le emozioni ed essere onesti, con noi e poi, di conseguenza, con il mondo.