Fuori dalla finestra
Di quando mi voglio distrarre, anche se non posso. Quando sono molto, molto impegnata. Così impegnata che tutto è tabù. Allora sento le voci per strada, non solo le sento ma proprio le ascolto. Mi immergo nelle conversazioni altrui e vorrei magari intervenire dire Che no, si stanno sbagliando. Come una signora alla finestra che batte i panni.
Quando sono impegnata ma non vorrei, mi accorgo anche di sfumature strane e molto vivide, riflessi infuocati dell’ultimo sole sincero verso cui vorrei tantissimo tendere il dito e accarezzare. Quando sono molto impegnata il gatto è stranamente mansueto e vuole le coccole. Vuole il mio tempo, che io non ho.
Ogni scusa è buona per respirare a polmoni pieni, fare due passi, che poi diventano quattro, otto, sedici e arrivare lontano, magari, potendo. Con il sapore in mente di un aperitivo di tanti anni fa, la giacca di pelle, il vestitino e la coda alta. Oppure tornare indietro di pochi mesi che però, già che sono trascorsi, potrebbero anche essere anni, chi lo sa. Di quando quella volta in mezzo alle colline, il castello era lì a due passi e dopo una giornata d’apnea sembrava ancora più bello, come quando ti svegli dopo che hai dormito bene o come quando ti viene il mal di testa dorato della soddisfazione, quando sei stanco, stanchissimo ma così felice.
Le campane che suonano, i bambini che urlano, il cielo tra il rosa e il blu, certe volte che proprio non mi posso distrarre mi trovo dentro al set di una poesia, in piedi come una marionetta. Passiva ma assorta. In balia di una fuga.