Con la nebbia
Che belle le scoperte. Meravigliosi barlumi in mezzo alla nebbia. Illusioni, mondi immaginati, paradisi ricamati con fili invisibili e sgargianti. Questo. Come ricordi mai vissuti, frasi mai dette, storie mai raccontate che si tirano dietro un’eco rimbombante di emozioni ancora vergini, di illibato splendore. Molto vivide, sì. Completamente inconsistenti.
Quando conosci, senza sapere. E lì scopri. Poi continui a conoscere attraverso un filtro, ma quel poco che basta per scrivere un romanzo. Ed è meraviglioso. Vitale. Una fuga, si può dire, un’isola lontanissima completamente irreale che nella sua irrealtà e irrealizzabilità trionfa, luminosa come un fuoco d’artificio, intoccabile e inarrivabile come le scintille nel cielo, che sono più belle quando cadono nel mare. Non fanno nessun rumore e sono molto lontane. Mi sono sempre chiesta dove va a finire un fuoco d’artificio quando smette di volare. Mentre cade come un gabbiano che muore, in planata. Ma anche mentre sale, sale, finisce in mezzo alle stelle e le colora tutte, ne diventa parte. Un firmamento artificiale. Che meraviglia. E così, nello stesso modo, all’improvviso si fanno scoperte pirotecniche. Esplosive. Con tutta quella luce buona ma velata, annebbiata, filtrata come col fondo delle bottiglie verdi. Che parla senza sapere, oppure il contrario, che tace sapendo già tutto. Mi ricordo quando è successo, poi è successo di nuovo e in bocca rimane quel sapore, come di liquirizia, mentre nella testa un gran frullare d’ali. E mentre si crea e si distrugge un’infinità di volte consecutive, diventa il ricordo di infrangibili fantasie.