Recentemente ho guardato su Netflix il documentario Minimalism: a documentary about the important things. L’ho guardato perché il minimalismo è un argomento che mi interessa e che continua a ritornare nella mia quotidianità. Prima lo osservavo da lontano, con una punta di diffidenza, adesso invece penso che sia uno stile di vita che vorrei avvicinare, per scegliere da che cosa essere circondata e concentrarmi così sulle cose che fanno parte della mia vita. Materiali e, soprattutto, non. Spesso ho l’acquisto compulsivo, mi piace circondarmi di cose belle, che siano abiti, accessori, oggetti per la casa. Compro qualcosa che mi piace, sono contenta, vado a casa, metto via l’acquisto e in effetti, da quel momento, smette di essere una novità, smette di avere quel “potere magico” che lo rende speciale. Comprare spesso ci regala un’illusione di felicità, ci aiuta a “riempire un vuoto”. Ma quanto dura questo effetto? La verità è che circondarci di oggetti è in realtà un vicolo cieco che, oltre ad anestetizzarci per un brevissimo istante, ci lascia un retrogusto di insoddisfazione e frustrazione. E il “vuoto” rimane lì.
Ma come si può uscire da questo turbine una volta per tutte? Sembra impossibile perché in effetti siamo quotidianamente bombardati di suggestioni più o meno esplicite. Prendiamo i social network: nati per avvicinare le persone, sono diventati dei cataloghi di vite fantastiche a cui aspirare. Fa parte dell’adesso. Se demonizzare questo processo, questo presente, trovo sia insensato, possiamo invece provare a trovare un equilibrio lontani dal materialismo sfrenato. Non vuol dire diventare degli eremiti, ma spostare l’attenzione sui beni veri di cui sono ricche le nostre vite. Possiamo smettere di ambire a tutto lo sfavillare di cui sono pieni internet, tv e giornali, ad esempio, limitando il tempo davanti alla televisione, ottimizzando le visite su internet e cercando il più possibile di scegliere libri, anziché giornali. Possiamo provare a cancellare le app dei social dallo smartphone oppure darci un tempo limite per navigare, così da concentrarci su siti e blog che ci interessano veramente.
Un’altra grossissima distrazione sono i centri commerciali. Ne spuntano di nuovi continuamente e ogni volta mi chiedo: ne avevamo davvero bisogno? Mi rendo conto di quanto siano comodi, permettono di trovare tutto ciò che ci serve senza doverci spostare, ma sono dei luoghi (o nonluoghi, come insegna Marc Augé) studiati per invitare a spendere, anche e soprattutto nel superfluo. Se dobbiamo comprare qualcosa è meglio allora tornare un po’ indietro nel tempo e scegliere botteghe, mercati e negozi, che ci permetteranno di prendere solo ciò che ci serve. In tanti poi hanno l’abitudine (brutta) di andare al centro commerciale per passare il tempo, perché sono sempre aperti e sembrano un’alternativa allettante alla noia. In realtà in molti paesi europei negozi, supermercati e mall sono chiusi nelle domeniche e nei giorni di festa, le persone così stanno insieme, frequentano parchi, teatri, scoprono piccoli cinema d’essai oppure stanno semplicemente in casa a leggere un libro o chiacchierare. Sono attività sane e low cost, che restituiscono quella preziosità al tempo che nei centri commerciali va completamente persa.
Chi come me tende a comprare senza pensare troppo, può provare a tenere sotto controllo gli acquisti creando una lista e indicando di giorno in giorno tutto quello che vorremmo comprare (non i beni di prima necessità chiaramente), indicando anche la data. Se dopo un mese siamo ancora convinti di voler fare quell’acquisto, allora concediamocelo, ma nella maggior parte dei casi l’attesa attenuerà il desiderio fino a farlo scomparire. La terapia d’urto, infine, è il declutter. Prendiamoci (almeno) una giornata per eliminare tutte le sciocchezze che abbiamo comprato e accumulato negli anni. Buttiamo via, diamo in beneficienza o rivendiamo gli oggetti inutilizzati, ci renderemo conto così di quante cose inutili possediamo e liberarcene sarà gratificante al punto di scoraggiare i prossimi acquisti compulsivi.
Riuscire a limitare il materialismo nelle nostre vite è un passo verso la felicità, un alleggerimento, un avvicinarsi a uno stile di vita minimalista, che ci regalerà la consapevolezza delle piccole cose. In questa riconquista di cognizione sono tanti i gesti che possiamo fare, partendo ad esempio dalle consuetudini più semplici e piccole alle quali spesso non diamo abbastanza importanza, come sorridere, ringraziare, chiedere scusa. Recentemente un autore alla fine della presentazione del suo ultimo libro mi ha ringraziato per avergli sorriso. Lì per lì non ho saputo cosa rispondere, ero in imbarazzo, ma poi mi sono resa conto che è una delle cose più belle che mi abbiano mai detto e che sorridere è così semplice, spontaneo e allo stesso tempo importante, regala forza, ma chi ci pensa più?
Come ho già scritto qui, vivere il momento è fondamentale: poniamo l’attenzione su quello che stiamo facendo, diamogli valore e portiamolo a termine un passo alla volta. Finire un progetto con dedizione è molto incoraggiante e aiuta a concludere anche i successivi. Sono piccoli esercizi che riportano la concentrazione su noi stessi, restituendoci la cura e l’amore delle abitudini sane, che allontanano la necessità di rifugiarsi nei beni materiali.