Color arancio
Ho deciso di cedere. Che ormai è ora, mi sono detta. L’ho pensato oggi, guardando il viale. Mentre passavo sotto gli alberi, attraversavo per il lungo quel vialone che per me è poco italiano e molto tedesco; mi fa un po’ ridere, sembra fuori contesto. Pensavo che in ogni stagione c’è quel giorno in cui esplode qualcosa. In primavera sembra un miracolo improvviso e sconcertante. Accecante di bellezza, mentre sei lì che cammini per le stesse strade della stessa città che tutti i giorni fai e quelle stesse strade i tuoi passi, i tuoi piedi li conoscono a memoria. Ecco. Proprio lì. Succede come se qualcuno avesse aumentato la saturazione, tutto d’un tratto mentre stai camminando. Così non è successo oggi. O almeno non ancora. Perché anche l’autunno all’improvviso si manifesta. Violento e poetico. Umido e velato. Misterioso a tratti, ma non quando si annuncia. Quando si annuncia si fa corteggiare, si colora appena, in modo impercettibile. Eppure. Eppure nel viale lo incontri subito, come si incontrano i corridori, ti scheggiano di fianco e sono così veloci che sembrano fuori fuoco. Eppure. Eppure lo sfiori. Così mi sono sentita oggi, pervasa almeno un po’ dalle belle speranze dell’arancione sottile. Ne ho visto un filo, mi è bastato per preparare una zuppa. L’autunno arriva come un amante rifiutato. Come il fratello antipatico. A me sta simpatico però. Mi viene da immergermi, perché ha un profumo. Quello accogliente della casa dei nonni. Avvolgente e consolante. La scia consapevole e malinconica dei costumi a righe e della protezione 30. L’autunno per me è la realtà. Ti trascina giù, ti dice Adesso stai qui! Vuoi? Non vuoi? Lo fai comunque. E in quel comunque sta tutta una beata rassegnazione in cui crogiolarsi tra le prime tazze fumanti e i primi abbracci con i piedi al caldo. Me ne sono resa conto mentre passavo per il viale e ho mescolato con un cucchiaio di legno questo primo delicatissimo sussurro.